Innanzitutto vorrei precisare che sono un fan di Superman da quando, negli anni ’80, vidi il Superman di Richard Donner con il grande Christopher Reeve. Inoltre, non appartengo a quel gruppo di fanatici che bocciano ogni versione “nuova” o “riadattata” perché troppo affezionato ai vecchi film. Anzi, più volte mi sono ritrovato ad elogiare nuove versioni, come è accaduto recentemente per la trilogia del Cavaliere Oscuro di Christopher Nolan. Quest’ultima trilogia ha superato di gran lunga i film di Tim Burton nonostante nutri un profondo affetto verso il Batman degli anni ’89 – ’92. Ma passiamo a questo “L’uomo d’Acciaio” di Zack Snyder e dicamolo, anche di Christopher Nolan… l’impatto visivo di tutta la pellicola è imponente, in questo Zack Snyder eccelle e lo sapevamo già, con un Henry Cavill che dopo Christopher Reeve indossa alla perfezione il suo ruolo e con un Jor’El (Russel Crowe) che anche se programmato come scienziato prende a pugni il generale Zod (un buon Micheal Shannon) in pieno stile Massimo “Il Gladiatore” Decimo Meridio. Superman indossa come non mai i panni di un Cristo di 33 anni sceso tra gli uomini per salvare la terra (anche se la causa della distruzione, in fondo, è egli stesso) senza pensare troppo a risparmiare vite umane nei tanti scontri (anche se sembra tenerci vista la scena finale, ma lasciamo correre) mentre l’influenza di Nolan porta tutta l’atmosfera nelle tonalità del “dark” donando a Kal’El/Clark Kent/Uomo d’acciaio/Superman sfumature dannate. E fin qui L’Uomo d’acciaio funziona. Le azioni e i combattimenti uomo a uomo, o meglio alieno contro alieno, sono eccezionali. Ma assieme a tutto il resto, sparatorie intergalattiche, astronavi che si posizionano sopra le città a mo’ di Independence Day e portali che implodono/esplodono, ci troviamo di fronte, mi dispiace dirlo, ad un film fracassone. Di certo è meglio del secondo e terzo capitolo di Iron Man, per restare in tema supereroi, ma non batte sicuramente il primo, così come non regge al confronto con “The Avengers”, che ha il pregio di non prendersi troppo sul serio e cosa ancora più importante di saper equilibrare alla perfezione azione (non troppa e sempre ben calibrata) e ironia.
Anche i continui tagli sui flashback dei ricordi di Clark/Superman non giovano alla pellicola, che darebbero la possibilità allo spettatore di immedesimarsi completamente in una profondità psicologica che c’è assolutamente, ma che sembra sempre e solo accennata e che rischia, a mio avviso, di essere completamente oscurata per colpa di troppe azioni ed esplosioni. Un ultimo problema di questo Uomo d’acciaio è che non gioca sulla “preparazione” dell’eroe, bensì ci pone subito di fronte alle sue azioni, limitando così il coinvolgimento dello spettatore. Faccio un esempio: in un film come Rocky (del 1976) viviamo le sofferenze e la preparazione al grande incontro assieme al protagonista, soffrendo ed amando assieme a lui e questo porta a far vivere forti emozioni. Stessa cosa, per tornare in tema “fumettistico” per il Batman di Nolan, che riesce a distanziarsi moltissimo dai suoi predecessori ma che quando decide di entrare in azione ci troviamo completamente rapiti. Questo non accade nell’Uomo d’Acciaio, che l’azione e la sfida ce la regala fin da subito, invece di farcela vivere assieme al protagonista. In breve bastava farci vivere più a lungo nel suo passato, tagliando esplosioni inutili e aspettando con le prime scene d’azione. Si suda certamente nei lunghi combattimenti, ma senza provare alcunché a parte un sanissimo divertimento.